"Aspetta!"

Quante volte ci troviamo a pronunciare questa parola ad un bambino soprattutto nei momenti di fretta, stress, caos...spesso ci fa ansia la richiesta in quei momenti perché va già a turbare il nostro delicato equilibrio tra il fare e lo scoppiare sommersi da mille cose e mille pensieri. A volte fisicamente non ce la facciamo ad accogliere le richieste, altre volte fatichiamo ad interrompere ciò che stiamo facendo per la paura di dire si, di ascoltare perché temiamo di complicarci ancor più il momento.


Spesso questi "Aspetta!" si accumulano; ho notato come in periodi caotici ne diciamo davvero molti e poi i bambini, quando ne hanno accumulati troppi, scoppiano e noi spesso non riusciamo a comprendere il motivo.
Quando poi noi ci troviamo ad aspettare sembra un sacrilegio! Spesso, soprattutto se siamo in stato agitato, non riusciamo o fatichiamo a tollerarli.
Facciamo aspettare e a volte non sappiamo farlo a nostra volta.
Questo può creare molta rabbia nel bambino che poi esplode in modi più o meno forti.
Sicuramente un bambino in un momento sereno, poco stressante, in una situazione collaborativa e non di conflitto è perfettamente in grado di aspettare; non dimentichiamo che i bambini di loro sono empatici, collaborativi, gioiosi, pazienti e se ciò non avviene è perché qualche condizione emotiva o ambientale sta agendo su di lui per cui è molto importante non etichettare il bambino "non sa aspettare" "non ha pazienza", è molto dannoso per il bambino in quanto lo identifichiamo con un problema che lui stesso non ha causato e rischiamo di farlo diventare un aspetto parte della sua personalità.
Quando l'attesa diventa frequente e prolungata nel bambino produce stress per diversi motivi. Quando lo facciamo aspettare se già ha un momento di debolezza emotiva, lo percepirà come se ciò che si sta facendo è più importante di lui e ne potrà soffrire. In altri casi nel bambino si crea rabbia perché l'attesa lo porta ad un agire complicato e frustrante...ad esempio se sto facendo qualcosa e mi serve un aiuto o un materiale, l'attesa disperde le energie creative, la fluidità di quanto faccio e se ciò è ripetuto in troppe cose che faccio mi sento sopraffatto.
Un altro aspetto meno evidente da considerare è che spesso i bambini più sensibili si oppongono a questo sistema poco fluido per una loro profonda consapevolezza: le azioni umane più belle fioriscono nella fluidità e nella fluidità stiamo bene, mentre spesso le nostre vite traboccano di complicazioni, problemi, stress, lentezze, blocchi e se lo consideriamo normale e non qualcosa cui porre rimedio in qualche modo, il bambino sensibile rischia di non sostenere questa visione e di andare in sofferenza perché dentro di sé sente e vede delle alternative.

Come fare?
Quando siamo consapevoli di questo non sentiamoci in colpa, ma facciamo sentire al bambino che capiamo (se lo sentiamo davvero) la difficoltà, che purtroppo in questo momento c'è confusione, non riusciamo ad organizzarci diversamente e che le cose più importanti in questo finiscono per venire dopo quelle meno importanti. Essere sinceramente compreso in questa difficoltà lo farà sentire meno solo e anche ciò che avverte dentro sarà riconosciuto e lo aiuterà a coltivare le sue percezioni e sensazioni che sono la base della sua autostima e dello sviluppo del suo potere personale.
Proviamo a valutare la possibilità, se è nelle nostre possibilità del momento, di riorganizzare alcune o cose o rivedere priorità trovando soluzioni adatte al nostro caso.
E quando sentiamo che gli "Aspetta!"sono troppi ristabiliamo un contatto con lui attraverso l'osservazione del suo mondo di cosa sta vivendo cercando di immedesimarci e uscire un pò solo dalla nostra visuale. Quando siamo assorbiti solo da noi stessi, le nostre preoccupazioni, le nostre attività non riusciamo a vedere altro. Uscire da questa modalità oltre a ristabilire un contatto con nostro figlio, ci aiuterà a farci stare meglio e a tornare a vedere le cose più lucidamente!


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